Nella settimana che precede le elezioni politiche Nico De Santis, un veterano del Servizio Informazioni, viene spedito a Milano per un'operazione tanto riservata quanto agganciare un ex terrorista rosso, Matteo Corsini, ricomparso dopo ventotto anni di misteriosa latitanza. Per farne che cosa, ha chiesto De Santis? Chi vivrà, vedrà, gli ha risposto il dottor Natoli, responsabile del temutissimo Ufficio O. In mezzo a comprimari e protagonisti di un paese ormai privo di senso morale e di una propria identità, a De Santis restano pochissimi giorni per capire dove si annida la trappola ed evitare il rendiconto finale.
Ein raffinierter, fesselnder Kriminalroman mit ständig steigendem Spannungsbarometer. Er wollte nur leben... Das Aufscheinen des Glücks in den Augen des Jungen würde er nie mehr vergessen. Ja, denn es handelte sich um einen Jungen, einen lächelnden Jungen, der jetzt langsam die Pistole auf die Höhe von Millepiedis Stirn richtete… Signor Millepiedi ist nach seinem Besuch in Stockholm plötzlich reich geworden. Ein paar Jahre später versucht in Palermo ein stadtbekannter Killer ihn umzulegen, und das interessiert nicht nur die Polizei ... Wer gab da welchen Auftrag? Und was weiß von alledem der kettenrauchende Inspektor, der Angst vor seiner Pensionierung hat und der seine Informationen aus etwas ungewöhnlichen Quellen bezieht...
Im Großen Spiel um die Anteile an der Internationalen Versicherungsgesellschaft agieren Magnaten und Mafiosi, Kardinäle und Generäle, Kunst-fälscher und ganz gewöhnliche Gauner aber wenn Michele Taibi in seinem mit rotem Samt ausgeschlagenen Kabinett an Mailands Prachtstraße Via Manzoni Gäste empfängt, dann serviert ein Diener in weißen Handschuhen, noch weißer als der sizilianische Ricotta, der unfehlbar zum Menü gehört. Wer hier empfangen wird, hat auf Stil zu achten, über kleine schmutzige Geschäfte ist der Herr des wichtigsten italienischen Geldinstituts erhaben. Ein Thriller um die Korruptionsskandale Italiens, der dortzulande als Schlüsselroman gelesen wird.
8 settembre 1943: i ragazzi della generazione sfortunata tornano in guerra con l'esercito del re per rifare l'Italia.
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La sera dell'8 settembre 1943, alla notizia dell'armistizio, tanti militari italiani impugnano le armi contro il tedesco. In Italia, in Francia, in Jugoslavia, in Grecia, in Albania, nelle isole del Mediterraneo soldati, ufficiali e diversi generali comprendono che per aiutare la Storia a voltare pagina bisogna mettere in gioco la propria vita. In tre settimane sono circa 25.000 i caduti, non pochi di essi fucilati dopo la resa, come accade a Cefalonia e Corfù, ma anche a Lero, a Spalato, a Nola, a Santi Quaranta. Si dissolvono gli alti comandi, ma i ragazzi della generazione sfortunata, che hanno già pagato un alto tributo di sangue a El Alamein e nella steppa ghiacciata dell'URSS, rispondono alla chiamata per ricostituire un esercito da schierare accanto agli Alleati. Molti di loro sono fascisti, hanno creduto nelle fandonie del regime, tuttavia nello sfacelo di quei giorni si aggrappano all'ultima àncora, l'Italia. Un'Italia senza aggettivi - né fascista né antifascista, né monarchica né repubblicana - per la quale battersi e morire, benché all'inizio serpeggino mugugni, diserzioni, incomprensioni. Attraverso la dolorosa presa di coscienza di quindici giovani e giovanissimi fanti, artiglieri, alpini, bersaglieri, In cerca di una patria racconta i venti mesi di guerra al nazi-fascismo. Inconsapevoli di essere soltanto le pedine del grande gioco - in cui Roosevelt, Churchill, Stalin, Alexander, Eisenhower, Montgomery, Clark spesso si contrappongono a Vittorio Emanuele III, Umberto, Badoglio, Bonomi, Messe - gli ex balilla di Mussolini affrontano le sanguinose tappe di una lenta resurrezione. E allora può capitare che prima di un assalto i paracadutisti della Nembo canticchino Giovinezza e i bersaglieri si ricordino di Giarabub, mentre comunisti e socialisti tuonano contro «l'esercito del re». Alla fine a morire sui campi di battaglia e nei lager tedeschi sono più di 86.000 militari. Di essi però non si parla mai, in ossequio al primo compromesso della nascente l'Italia che si appoggiava agli Stati Uniti lasciò alla Sinistra il monopolio e i meriti della resistenza; di converso, l'Italia che si appoggiava all'URSS consentì che la borghesia e i moderati, spesso cementati dalla comune appartenenza alle rinate logge massoniche, assolvessero, in certi casi senza nemmeno processarli, i principali responsabili dell'8 settembre e della Repubblica sociale.
10 luglio 1943: gli Alleati sbarcano in Sicilia. Il tradimento di tanti, l'eroismo di pochi.
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Lo sbarco in Sicilia del 10 luglio 1943 apre il secondo fronte in Europa e dà una svolta decisiva alla seconda guerra mondiale. Una vicenda che incomincia nell’estate del 1932, dentro gli accaldati saloni dell’hotel Drake a Chicago, e i cui effetti durano in Italia ancora oggi. Poi, durante il conflitto, con largo anticipo sulle difficoltà militari dell’Asse, molti personaggi di rilievo tramano per il salto di campo: dal Terzo Reich agli Alleati. Al conseguimento di tale risultato contribuiscono realtà fra loro lontanissime come la massoneria e gli ambienti vaticani.Con la raccomandazione dei cugini di New York, gli sconosciuti mafiosi siciliani si prestano a essere i maggiordomi dei nuovi padroni nella speranza di raccattare le briciole. I paisà della «sezione Italia» dell’OSS scorrazzano per l’isola. A Catania un professore universitario, che è fascista e antifascista, comunista e indipendentista, arruola i suoi studenti per spiare a favore della Gran Bretagna. Pantelleria, definita un bastione imprendibile, si arrende senza sparare un colpo. Augusta, la piazzaforte più importante del Mediterraneo, viene abbandonata sei ore prima dell’invasione. Ciò nonostante, quasi cinquemila soldati italiani muoiono per contrastare uno sbarco orchestrato da quanti nel dopoguerra ne trarranno ogni sorta di beneficio.